ROMA - La Cassazione ha stabilito che il processo per l'omicidio di Chiara Poggi uccisa nella villetta di via Pascoli a Garlasco, il 13 agosto 2007, è da rifare perchè la ricostruzione dei fatti, così come è stata fatta, "non consente di pervenire ad un risultato, di assoluzione o di condanna, contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza". Per l'uccisione della studentessa unico imputato nel processo è sempre stato l'ex fidanzato Alberto Stasi, per altro sempre assolto sia in primo che in secondo grado.
In particolare, la prima sezione penale, spiega il perchè lo scorso 18 aprile, ha disposto un nuovo esame del caso davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Milano. Nelle cento pagine di motivazione depositate oggi, piazza Cavour punta il dito sulla "sottovalutazione delle incongruenze del racconto di Stasi e delle sue omissioni narrative relative al giorno del fatto", e bacchetta il giudice di merito perché nelle motivazioni con sui Stasi è stato assolto dall'accusa dell'omicidio dell'ex fidanzata "non esprime le ragioni della ritenuta veridicità e credibilità del dichiarante".
La Cassazione, dunque, impone un nuovo esame degli indizi perché, per dirla con la relatrice Angela Tardio, "non c'è stato un approccio coerente alla prova indiziaria". Per inciso poi, piazza Cavour, dice che nonostante due giudizi assolutori, la motivazione non è "inattaccabile".
Per la la Suprema corte, inoltre, ha riacceso i riflettori sulla bicicletta nera da donna nella disponibilità della famiglia Stasi e sul capello corto castano rinvenuto durante l'autopsia nella mano sinistra della vittima.
Nel primo caso, la Corte d'Assise d'Appello di Milano, il 6 dicembre 2011, aveva ritenuto "non necessaria ai fini della decisione" l'acquisizione della bicicletta nera da donna della famiglia Stasi corrispondente alla descrizione della bicicletta "accertata come presente davanti all'abitazione di Chiara Poggi nella prima parte della mattinata del 13 agosto 2007", giorno del delitto.
Sul punto, la Cassazione, bacchettando i giudici di merito, sottolinea che "le argomentazioni sottese a tale apprezzamento rilevano la loro non ragionevolezza ed adeguatezza laddove escludono la rilevanza della richiesta in rapporto al materiale probatoria già acquisito, che al contrario ne conferma la pertinenza, e in rapporto alla valutazione da farsi circa la possibilità dell'oggetto della richiesta di collocare Stasi in apprezzabile connessione temporale o spaziale con la scena del delitto".
Questa possibilità, dice invece la Cassazione, "può solo rappresentare l'esito finale del procedimento logico di valutazione del complessivo quadro indiziario, cui non è estranea neppure la bicicletta di Stasi, e non del singolo dato indiziario, non idoneo di per se solo ad escludere scenari ricostruttivi diversi o alternativi".
La Suprema Corte, inoltre, ritiene che non si sottragga a censure la richiesta delle parti civili di procedere agli accertamenti genetici sul capello rinvenuto in sede di esame autoptico nella mano sinistra di Chiara Poggi. Al riguardo, gli 'ermellini' bacchettano la Corte di merito che ha "illogicamente ritenuto di prescindere dal completamento di una verifica tecnica già svolta, i cui esiti parziali ha descritto, e non precludibile, come argomentato dalla difesa di Stasi, da dedotte diverse e pregresse valutazioni dei consulenti, privando l'elemento fattuale acquisito di ogni rilevanza potenzialmente dimostrativa nel contesto giustificativo della decisione".
IMPRONTE STASI - Accolta anche la tesi della difesa dei genitori di Chiara Poggi sulla "circostanza indiziaria rilevante e pretermessa sulla presenza di impronte digitali di Stasi e del Dna di Chiara Poggi sul dispenser di sapone liquido, sul lavandino del bagno". Il fatto che siano stati ritenuti "indizi non gravi nè precisi", osserva la Cassazione, dimostra ulteriormente "un approccio non coerente ai principi della prova indiziaria e del non corretto percorso metodologico che la Corte ha inteso adottare nella lettura dei dati probatori acquisiti".
Inoltre, osserva la Cassazione che "l'omessa estensione della sperimentazione ai 'due gradini circa' indicati da Stasi come scesi e risaliti per vedere il corpo di Chiara" rende "manifestamente illogica la motivazione, che ha giustificato la scelta metodologica dei periti, che pur ha riconosciuto essere riduttiva rispetto al contenuto della verifica demnadata e non produttiva di risultati affidabili".
MACCHIE EMATICHE - Accolta anche la censura della Procura milanese sulla esclusione dell'estensione della perizia collegiale alla mappatura ematica dei gradini e al procedimento di essicamento delle macchie ematiche".
E poi: va verificato l'alibi di Alberto Stasi. E dice chiaramente che il giudice del precedente grado di giudizio non ha saputo offrire una "ipotesi alternativa" alla tesi del pm secondo cui la dinamica dell'omicidio di Chiara dimostra che lei conosceva il suo assasino.
"La Corte di merito - scrive la Suprema Corte nelle cento pagine di motivazione depositate oggi - a fronte dei dati fattuali ulteriori indicati in appello dal pm (mancanza di segni sulla vittima di violenza sessuale, abbigliamento della stessa, tratti della sua personalità, conoscenza dell'appartamento da parte dell'omicida, impronte di scarpe percepibili) e ritenuti dall'appellante dimostrativi della conoscenza da parte di Chiara Poggi della persona con cui la stessa si trovava al momento dell'omicidio, non ha opposto ragionevoli ipotesi alternative in alcun modo collegate con le emergenze processuali".
Quanto al fatto che la Procura generale presso la Corte d'appello di Milano - nel suo ricorso - faccia riferimento all'assenza di alibi di Stasi nella fascia oraria compresa tra le 9.12 (orario del disinserimento dell'allarme di casa Poggi) e le 9.35 (orario di apertura del pc portatile di Stasi), la Suprema Corte fa notare che "l'omessa considerazione di tale circostanza, in relazione alla quale la Corte d'appello, in continuità argomentativa con la sentenza di primo grado, ha ritenuto che non vi fosse imcompatibilità sotto il profilo astratto tra la dinamica dell'aggressione, durata nel suo complesso 'alcuni diversi minuti', quantificati, quanto all'episodio aggressivo in senso stretto, in una decina di minuti, e il rientro di Stasi in bicicletta presso la propria abitazione, conferma ulteriormente la già rilevata, e qui ribadita, violazione delle regole preposte alla valutazione della prova indiziaria e la illogicità della motivazione, che, anche per questa circostanza, ha omesso di valutare la concordanza degli indizi in termini di consistenza logica".