venerdì 6 giugno 2014

Scandalo Mose: 45 minuti di interrogatorio per il sindaco Orsoni. "Sono estraneo a tutto"

Giorgio Orsoni
VENEZIA - E' durato 45 minuti, davanti al gip Alberto Scaramuzza, l'interrogatorio di garanzia del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti. Secondo l'ordinanza del gip, Orsoni è entrato nella vicenda dei cosiddetti fondi neri per il Mose per una dazione di 260mila euro ricevuti nel 2010 per la campagna elettorale dal consorzio Venezia Nuova. Secondo la Procura si tratta di denaro che il consorzio Venezia Nuova, all'epoca presieduto da Giovanni Mazzacurati, aveva accantonato per tangenti alla politica in modo da favorire le imprese che operavano nella salvaguardia di VeneziaOrsoni ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee. "Sono state una serie di dichiarazioni molto lucide - ha detto l'avvocato di fiducia, Daniele Grasso - con le quali si è dichiarato estraneo ai fatti".
E se anche la tangentopoli veneziana è venuta a galla solo ora, c'è chi assicura che già nel 2009 era chiaro che girassero mazzette. "Avevamo la sensazione che il Mose investisse interessi e soggetti a livelli molto alti" racconta in un'intervista alla Stampa Antonio Mezzera, giudice della Corte dei Conti,  che spiega come la relazione che evidenziava le criticità dell'opera veneziana, da lui istruita e redatta nel 2009, fu modificata e pubblicata in ritardo. La relazione, sottolinea il magistrato, evidenziava "mancanza di concorrenza, commistione tra magistrato delle Acque e Consorzio, controllori (i collaudatori delle opere) scelti e pagati dal controllato (il Consorzio)".
Da parte della politica, invece, arrivano condanne sul caso Mose. L' ex primo cittadino di Venezia, Paolo Costa, sentito sempre dalla Stampa, si limita a commentare che "queste cose sono oltre ogni mia immaginazione. Non ce la faccio a dire altro". Ma spiega che "ci vuole semplificazione normativa e bisogna essere veloci. Se per assegnare un appalto si impiegano dieci anni e cento delibere, la tentazione dell'imprenditore di corrompere per oliare le pratiche e quella del politico di farsi convincere e alla fine comperare diventa molto più forte".
Il governatore Luca Zaia, invece, si toglie qualche sassolino dalle scarpe, e si sfoga con Repubblica: "Se le accuse reggeranno, il quadro che ne esce è inquietante. Ancora di più pensando ai proclami e alle lezioni pubbliche che Galan dispensava a tutti noi. Dall'alto della sua prosopopea è da quattro anni che sui giornali e le televisioni pontifica su come si deve amministrare un territorio. Che noi della Lega siamo quattro cialtroni...".
Ancora a Repubblica parla il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, che pur "considerando gli scandali Expo e Mose due casi di eccezionale gravità", sottolinea come "non possiamo buttare via 4 miliardi già spesi", e bisogna tenere a mente lo "scopo del Mose: salvare Venezia. Non è più tempo di scaricare la responsabilità sugli altri per mettersi a posto la coscienza, qui il problema è assumersi le responsabilità".

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