ROMA - La Corte costituzionale ha accolto il ricorso del Presidente della Repubblica sul conflitto con la Procura di Palermo: dichiarando che non spettava alla Procura di valutare la rilevanza delle intercettazioni né di omettere di chiederne al giudice l'immediata distruzione ai sensi dell'articolo 271 del codice di procedura penale. La decisione della Consulta comporta che le intercettazioni che hanno captato il capo dello Stato vengano distrutte.
Al centro del conflitto d'attribuzione sollevato dal Quirinale nei confronti dei pm palermitani, alcune conversazioni telefoniche del capo dello Stato con l'ex ministro Nicola Mancino, le sui utenze erano state messe sotto controllo su mandato dei pm palermitani che indagano sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
Per conoscere nel dettaglio la decisione assunta oggi dalla Consulta, dopo oltre 4 ore di Camera di Consiglio, bisognerà attendere il deposito della sentenza, e quindi le motivazioni, che avverrà nelle prossime settimane, presumibilmente a gennaio. Da quanto comunicato dalla Corte al termine della Camera di Consiglio, però, emerge che la Consulta ha ravvisato un'omissione da parte della Procura di Palermo per non aver attivato la procedura prevista per le intercettazioni vietate dall'art. 271 del codice di procedura penale. E da questo discende che i magistrati palermitani dovranno ovviare a questa omissione, chiedendo al giudice di distruggere le intercettazioni.
Nessun commento:
Posta un commento