ROMA - Quando manca meno di una settimana alla riunione della Consulta per la decisione, sembra largamente profilarsi - secondo quanto si apprende - il sì della Corte Costituzionale all'ammissibilità del conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica nei confronti della Procura di Palermo. Il conflitto riguarda l'intercettazione di alcune telefonate tra il Capo dello Stato e l'ex senatore Nicola Mancino, coinvolto nell'inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia, il cui telefono era sotto controllo.
Il ricorso del Capo dello Stato, proposto tramite l'Avvocatura - sempre secondo quanto si apprende - contiene presupposti "fondati", sia soggettivi, sia oggettivi, richiesti per l'ammissibilità del conflitto: nessun dubbio sussiste, infatti, sulla qualificazione del Presidente della Repubblica quale "potere dello Stato"; ed anche il pubblico ministero, in numerosi precedenti giudizi della Corte, é stato qualificato quale "potere dello Stato" in quanto titolare dell'attività di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale. Anche i presupposti oggettivi sembrano ampiamente portare ad una decisione favorevole all'ammissibilità del conflitto: sono in discussione, infatti, l'articolo 90 della Costituzione e alcune leggi correlate sulle prerogative del Capo dello Stato, sull'ampiezza della sua immunità e, più specificamente, sulle procedure da seguire in caso di intercettazione "indiretta" di telefonate del Presidente della Repubblica.
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