martedì 20 dicembre 2011

Manovra anticrisi: giovedì il sì del Senato

Il ministro Fornero e la leader Cgil Camusso
ROMA - La manovra 'salva-italia' (34,9 miliardi il valore 'lordo' al 2014) si avvia blindata ad una conversione in tempi record: partito l'iter nelle commissioni del Senato, il via libera è atteso per giovedì prossimo in Aula dove potrebbe svolgersi un nuovo voto di fiducia. Ormai scontato il testo contro il quale anche ieri i sindacati hanno protestato (il ministro del Welfare, Elsa Fornero, si dice "preoccupata" per questo), si guarda alla 'fase due', cioè alla crescita in attesa di conoscere il dato sul Pil dell'ultimo trimestre dell'anno che - dicono gli osservatori - sarebbe negativo, cioè l'inizio della recessione (-1,6% prevede Confindustria nel 2012). Tra le misure qualche 'sorpresa' o anticipo, oppure correzione della manovra, potrebbe comunque già arrivare con il decreto 'milleproroghe' che tradizionalmente riceve il via libera a fine anno. La reazione dei sindacati alla posizione del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sull'articolo 18 "preoccupa e rammarica". Commenta il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, "rammaricata" ma anche "dispiaciuta e sorpresa" per un linguaggio di "un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi": "la reazione" dei sindacati, afferma, "non la capisco, e mi preoccupa anche molto non sul piano personale, ma per le sue implicazioni per il Paese". 
Alle sue parole replica il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: "Mi dispiace che reagisca in questo modo: ad essere preoccupati siamo noi". Già in mattinata, Bonanni aveva sostenuto la contrarietà a mettere mano all'articolo 18: dopo la manovra, "discussa con nessuno", che ha già colpito lavoratori e pensionati, è la sua posizione, "si aizza la protesta su una materia che si sa problematica", "spinosa". I sindacati chiedono piuttosto di far pagare di più il lavoro precario.
Il segretario Cgil Camusso è tornata a difendere l'articolo 18 definendolo "una norma di civiltà". Questa norma, ha sottolineato, "dice che nessun datore di lavoro può licenziare qualcuno perché gli sta antipatico, perché non ha opinioni, perché è iscritto a un sindacato o fa politica. E' importante che rimanga perché è un deterrente". 

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