Marco Biagi |
L'inchiesta sul delitto Biagi è stata quindi riaperta e la Procura bolognese che ora indaga sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista ucciso dalle Br il 19 marzo 2002 ipotizzando in sostanza il vcaso di omicidio per omissione. Il caso è stato riaperto dopo l'acquisizione dei documenti sequestrati nell'inchiesta sul conto dell'ex ministro.
I documenti sarebbero stati sequestrati il 9 luglio 2013 a casa di Luciano Zocchi, ai tempi capo della segreteria di Scajola. Si tratta di un quaderno rosso che conteneva l'elenco delle carte portate a casa da un agente del Sismi, chiamato dallo stesso Zocchi. Fascicoli recuperati dai finanzieri nell'abitazione dello 007 e che riguardavano, tra l'altro, il G8 di Genova e appunto l'omicidio di Marco Biagi.
Secondo quanto emergerebbe, risulta che Scajola fosse perfettamente informato del pericolo che correva Marco Biagi senza la scorta. A chiedere l'intervento del ministro fu un politico vicino al giuslavorista. E' sua la lettera ritrovata nel faldone ed ora al vaglio dei magistrati, in cui Scajola viene allertato. Cosa che l'ex ministro invece ha sempre negato. Tutto il materiale su Marco Biagi è stato trasmesso a Bologna dove il pm Antonello Gustapane ha riaperto le indagini sulla revoca della scorta e ha già sentito sia Zocchi sia la moglie dell'ex ministro Maurizio Sacconi.
Tra le carte inviate in Emilia c'è anche l'interrogatorio che Luciano Zocchi fece con i pm romani un anno fa subito dopo il ritrovamento dei documenti nella sua abitazione. Un verbale pieno di omissis che è anche al centro del fascicolo, assieme al quaderno rosso contenente l'elenco dei documenti consegnati allo 007 del servizio militare e a decine di carte sequestrate a quest'ultimo in due bustoni della spazzatura.
L'omicidio per omissione è una ipotesi di reato più grave dell'omissione semplice, che sarebbe prescritta dopo 7 anni e mezzo (nel 2009), e dunque è perseguibile. E' prevista dal secondo comma dell'art.40 codice penale: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo". In pratica il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane, titolari del fascicolo, ipotizzano che chi sapeva delle minacce a Biagi non fece quello che era in suo potere e dovere per porlo al riparo dai propositi eversivi delle nuove Br.
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