ROMA - Allarme di Confindustria sulla situazione economica del Paese: ''Il nord -dice il presidente, Giorgio Squinzi, all'Assemblea annuale dell'associazione - è sull'orlo di un baratro che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta". Squinzi ha sottolineato le "debolezza strutturali" del Mezzogiorno, "una parte del Paese in cui lo sforzo per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione assume le caratteristiche di una vera e propria sfida per la sopravvivenza".
Secondo Squinzi, ora l'obiettivo deve ora essere uno solo: tornare a crescere. Per tornare a produrre più benessere l'Italia - ha aggiunto - deve fare leva sulla sua risorsa più' importante: la vocazione industriale in tutte le sue declinazioni. manifatturiero e' il motore del nostro sistema''.
"Ci aspetta un grande impegno comune: fare una nuova Italia, europea, moderna aperta", dice al governo Squinzi. Le "riforme non sono più rinviabili" a partire dalla legge elettorale, avverte. E garantisce: "Se questo sarà il governo della crescita noi lo sosterremo con tutte le nostre forze".
Negli ultimi 18 mesi lo stock di prestiti erogati alle imprese "è calato di 50 miliardi: un taglio senza precedenti nel dopoguerra", rileva Squinzi che aggiunge: "Quasi un terzo delle imprese ha liquidità insufficiente rispetto alle esigenze operative. Dobbiamo contrastare la terza ondata di credit crunch".
Squinzi si e' quindi soffermato sul tema del fisco. Oltre ad essere "punitivo", ha rilevato, il fisco italiano è "opaco, complicato, e incerto nella norma". Un fisco che è "quanto di peggio si possa immaginare" e che "scoraggia gli investimenti e la crescita".
Squinzi ha chiesto la riduzione del ''cuneo fiscale, al 53% nel 2012, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere". "Più della metà di quello che le imprese pagano ai lavoratori va nelle casse dello Stato".
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