ROMA - Il giudice Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione, parla della sentenza sul processo Mediaset-Berlusconi, in un'intervista al Mattino, alla quale stamattina lo stesso magistrato ha fatto seguire una smentita riguardo ad alcuni passaggi. Nel dettaglio, riguardo al principio secondo il quale si può essere condannati in base al presupposto che l'imputato non poteva non sapere, Esposito sottolinea nell'intervista: ''Potrebbe essere un'argomentazione logica ma non può mai diventare principio alla base di una sentenza''. Quindi, parlando del motivo per cui si è giunti alla condanna, sottolinea nell'articolo: ''Tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva, tu non potevi non sapere, perchè Tizio, Caio e Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po' diverso dal non poteva non sapere''. Un passaggio che il giudice definisce nella nota di rettifica 'completamente inventato''. Esposito smentisce anche ''di aver pronunziato, nel colloquio avuto con il cronista - rigorosamente circoscritto a temi generali e mai attinenti alla sentenza, debitamente documentato e trascritto dallo stesso cronista e da me approvato - le espressioni riportate virgolettate: "Berlusconi condannato perché sapeva non perché non poteva non sapere". Nell'intervista il magistrato inoltre chiarisce come non ci sia stata alcuna fretta: ''C'è un principio generale che attiene allo spirito della formazione della sezione feriale della Corte di Cassazione'', questo collegio di giudici ''serve ad evitare che i processi subiscano la condanna del tempo con la prescrizione'', quindi spiega ''a me come presidente della sezione feriale non restava altro che fissare la data in tempo non utile ma utilissimo e ravvicinato onde evitare la prescrizione''. Sulle polemiche nei suoi confronti, afferma: ''Non rispondo perchè chiederò ad altre sedi la tutela della mia onorabilità''. Riguardo alle parole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, dopo la sentenza, Esposito afferma: ''Sono sempre di saggezza istituzionale e rigore costituzionale''.
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