Michele Di Nardo |
PALINURO - “Finalmente in ferie, se me le rovinano li divoro”, scrive un’attraente moretta sulla propria pagina Facebook, con immancabile foto di rito al fianco del suo ragazzo. Peccato che davanti al pc ci fossero anche gli uomini dell’Arma – per lavoro, non si pensi male – e che il fidanzato in questione non fosse una persona qualunque, ma il boss del clan camorristico dei Mallardo. Tra parentesi, latitante da più di un anno e con mandato d’arresto europeo.
Inutili tutte le precauzioni usate da Michele Di Nardo: niente telefoni personali, niente carte di credito, spostamenti ridotti al minimo e identità false. L'ultima l'aveva creata per affittare una villetta a Palinuro, nel cuore del Cilento, e trascorrere qualche giorno di relax con la 26enne, che a differenza di lui era un'accanita frequentatrice di Facebook: non proprio il regno della discrezione, come dimostra l'epilogo della vacanza.
Da tempo le forze dell’ordine seguivano le mosse della ragazza: sms, chiamate e quei post pubblicati sul social network, messaggi d’amore non troppo velati con tanto di riferimenti a luoghi ben precisi. Indizi colti dai Carabinieri, che alla vista delle foto si sono puntualmente presentati all’aperitivo nella piazzetta di Palinuro: arresto immediato per lui, denuncia con l’accusa di favoreggiamento per lei. E ferie irrimediabilmente rovinate sotto il solo dell'ultima domenica di agosto. “Senza t-shirt sono ancora meglio”, suggerisce la sua maliziosa maglietta. Col senno di poi l'unica cosa che Di Nardo si pentirà di non averle tolto è il cellulare.
L'arresto di Di Nardo è un colpo molto duro per il clan Mallardo, già colpito dalla cattura di Patrizio Picardi, ritenuto la mente economica della cosca, il mese scorso. Entrambi erano figure in grado di tenere le redini del clan, in una fase in cui il rischio destabilizzazione è considerato alto dagli investigatori. Secondo la Dda di Napoli, sono due le fazioni interne a contendersi la leadership: l'area del Sulicione e quella di San Nicola. Il clan Mallardo gestisce un volume d'affari enorme, nell'hinterland a nord di Napoli, ed è pressoché incontrastato. Anche i Casalesi hanno sempre dovuto scenderci a patti. Ma è diviso, e le indagini ne hanno decapitato i vertici: da Giuseppe e Francesco Mallardo, a Feliciano Mallardo, a Dell'Aquila fino a Francesco Napolitano, tutti spediti in cella. Con i capi fuori gioco, bisognava preservare il potere del clan, la cui forza è chiara dai tempi della Nuova Famiglia, nella guerra ai cutoliani degli anni '80, e si è consolidata negli anni '90, nell'esperienza dell'Alleanza di Secondigliano, la federazione criminale con le cosche Licciardi, Bocchetti e Contini. Adesso, si apre una stagione densa di interrogativi.
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