giovedì 8 marzo 2012

Strage di via d'Amelio: eseguite le ordinanze di custodia per i tre nuovi indagati accusati da Gaspare Spatuzza. Borsellino ucciso, su ordine di Riina, perché d'ostacolo alle trattative stato-mafia

CALTANISSETTA - La Dia sta eseguendo un'ordinanza di custodia del Gip di Caltanissetta per tre indagati nella nuova inchiesta sulla strage di Via D'Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Riguarda uno dei presunti mandanti, il boss Salvatore Madonia, e due esecutori, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale.  Il provvedimento e' stato notificato dalla Dia in carcere a Madonia e Tutino, perche' gia' detenuti, e nella casa di cura in cui e' ricoverato agli arresti domiciliari per gravi patologie a Vitale. L'ordinanza scaturisce dall'inchiesta aperta dalla Procura nissena sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha portato alla revisione dei processi 'Borsellino' e 'Borsellino-bis' davanti la Corte d'appello di Catania. Lo stesso pentito e' indagato, cosi' come Madonia, Tutino e Vitale, per strage aggravata. Ai tre sono state contestate le aggravanti di aver agevolato l'associazione mafiosa e avere agito anche per fini terroristici. Secondo il Gip di Caltanissetta, Alessandra Bonaventura Giunta, che ha firmato l'ordinanza cautelare, "deve ritenersi un dato acquisito quello secondo cui a partire dai primi giorni del mese di giugno del 1992 fu avviata la cosiddetta 'trattativa' tra appartenenti alle istituzioni e l'organizzazione criminale Cosa nostra". Il giudice sottolinea come, però, "con riferimento al possibile coinvolgimento nella strage di via D'Amelio di soggetti esterni a Cosa nostra non sono emersi elementi di prova utili a formulare ipotesi accusatorie concrete a carico di individui ben determinati".   Il giudice Paolo Borsellino venne comunque ucciso dalla mafia assieme a cinque uomini della sua scorta nell'attentato di via D'Amelio perche' era percepito dal boss Toto' Riina come un "ostacolo" alla trattativa con esponenti delle istituzioni. Una trattativa che "sembrava essere arrivata su un binario morto" che il capomafia voleva "rivitalizzare" con una sanguinaria esibizione di potenza. Questo lo scenario disegnato dalla Procura di Caltanissett "La tempistica della strage e' stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della cosi' detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e 'cosa nostra'", si legge negli atti della Procura di Caltanissetta "Dalle indagini e' altresi' risultato - scrivono i PM nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia - che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale 'ostacolo' da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage".
Il giudice invita a "non parlare di conclusione della vicenda", ritenendo che occorrono "ulteriori approfondimenti", perché, spiega, "le indagini sulla strage sono state vulnerate dalla velenosa convergenza di fonti infide, fonti reticenti, silenzi e contorti comportamenti di soggetti, purtroppo anche appartenenti alle Istituzioni, che hanno compromesso il difficile percorso di accertamento dei fatti, prima ancora che delle responsabilità".
Il Gip sottolinea come l'inchiesta sia frutto di "un lungo e meticoloso lavoro investigativo condotto per tre anni dalla Dda della Procura di Caltanissetta" che ha "svolto un pregevole lavoro".
L'inchiesta è coordinata dal procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari, dagli aggiunti Amedeo Bertone e Domenico Gozzo, e dai sostituti Nicolò Marino, Gabriele Paci e Stefano Luciani.

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