Simonetta Cesaroni |
ROMA - Non e' l'impronta di un morso quella sul seno di Simonetta Cesaroni. Ne sono convinti i periti nominati dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma di fronte alla quale si celebra il processo a Raniero Brusco. Secondo la perizia i segni segni sul capezzolo del seno sinistro della ragazza uccisa con 27 coltellate il 7 agosto del 1990 in uno stabile di via Poma, a Roma, non sono compatibili con un morso.
La perizia scagionerebbe cosi' l'imputato, Raniero Busco, ex fidanzato della vittima, condannato in primo grado a 24 anni di reclusione. "Le due minime lesioni escoriative seriate poste al quadrante supero-mediale della base d'impianto del capezzolo sinistro - si legge nelle 260 pagine di perizia - non sono in grado di configurare alcun morso, oltretutto mancando l'evidente traccia di opponente, per cui restano di natura incerta". Per gli esperti, insomma, "potrebbe essere di tutto", a cominciare da "una unghiatura parziale per strizzamento tra due dita del capezzolo ove sul posto il contatto avvenne propriamente con il margine ungueale e dall'altra parte ebbe ad agire solo il polpastrello; oppure all'azione di un altro mezzo escoriativo, teoricamente spicole ed apici dentari compresi (indentazione), ove la superficie di contatto e strusciamento fu limitatissima e magari appuntita".
Stando alla perizia, quella del morso fu solo "una ipotesi", che ha dato vita a "consulenze tecniche odontoiatriche forensi (per conto della procura, ndr) indubbiamente affascinanti e suggestive per la sofisticazione delle ricostruzioni proposte che si spingono ad indicare per l'accusa una compatibilita' con la particolare dentatura dell'imputato Busco". Gli esperti nominati dalla corte d'assise d'appello ritengono, invece, che un morso sul seno della vittima "sia una ricostruzione inverosimile e impossibile ad un essere umano".
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