Kabobo durante il suo sanguinoso raid con il piccone (tre uccisi) |
MILANO - Adam Kabobo, il ghanese che a maggio 2013 ha ucciso tre passanti a colpi di piccone, deve rimanere in carcere. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano, rigettando l'istanza della difesa di trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario. Kabobo resterà a San Vittore nonostante la perizia medica indicasse che le sue condizioni di salute mentale fossero incompatibili con la prigione. Nel caso di Adam Kabobo sussiste un ''gravissimo ed eccezionale pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie” secondo i giudici del Riesame. Infatti, le condizioni psichiche di Kabobo non sono incompatibili con il carcere, luogo dove può essere ''adeguatamente trattato con terapie farmacologiche''.
"Fisicamente sto bene, psicologicamente sto migliorando, ma sento ancora delle voci che mi dicono che i bianchi sono quelli che mi hanno ridotto così". Lo ha spiegato Kabobo al medico legale che lo ha visitato nei giorni scorsi. Il passaggio della perizia è contenuto nell'ordinanza del Riesame di Milano che ha respinto l'istanza della difesa. Il perito, scrivono i giudici nel provvedimento, dopo le visite a San Vittore ha chiarito che Kabobo si sentirebbe "perseguitato da una determinata categoria di soggetti". Tale "rilievo", però, "non deve trarre in inganno", perché "il delirio è infatti la manifestazione fenomenologica della sua malattia", una "schizofrenia paranoide". "Non è detto - scrive il perito nella relazione - che le attenzioni del soggetto siano rivolte solo verso i bianchi potendo variare in ogni caso la fenomenologia del delirio" e ben potendo dunque, aggiungono i giudici, "il delirio persecutorio rivolgersi anche verso altre categorie di soggetti".
Kabobo, infatti, secondo il perito Marco Scaglione, soffre di una "patologia mentale tra le più gravi, cronicizzata e scarsamente rispondente alle terapie tale per cui all'intervento psicofarmacologico va associato in modo ineludibile un grado importante di custodia visto il ripresentarsi di episodi di aggressione anche durante l'attuale detenzione". Il riferimento è al tentativo di strangolamento di un compagno di cella, avvenuto qualche mese fa.
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