sabato 5 ottobre 2013

Nosy Be. sctatato il coprifuoco notturno, dopo gli orrendi linciaggi


Gianfella in Madagascar
NOSY BE - All'indomani del linciaggio di tre uomini, un franco-italiano (Roberto Gianfella, di Palermo), un francese e un malgascio, accusati dell'omicidio di un bambino, le autorità hanno introdotto a partire da ieri sera il coprifuoco notturno sull'isola di Nosy Be, a nord-ovest del Madagascar, dove i tragici fatti sono avvenuti. 
Il paradosso è che ieri, ieri, tutto era molto tranquillo a  Nosy Be. I negozi hanno riaperto e c’erano turisti e residenti stranieri per le strade e nei caffè.
La gente locale dice che non ha nulla contro gli stranieri o europei. Inoltre, riconosce che tutti  vivonodi turismo da decenni e che i due europei sono stati uccisi "perché avevano commesso un crimine orribile", secondo i loro termini.
Roberto Gianfella
Le indagini continuano nella isola turistica del Madagascar. Sono  14 le persone arrestate. Secondo i funzionari della polizia, sarebbero quelle che hanno partecipato alle rivolte contro la caserma dei gendarmi - mercoledì sera prima dei linciaggi - e due persone avrebbero  frequentato i vari linciaggi, senza parteciparvi.
Tuttavia, il personale militare è stato rafforzato a Nosy Be, dove più di 100 poliziotti sono giunti da Diego Suarez, la più grande città nel nord del Madagascar.
E, infine, per quanto riguarda le voci di traffico di organi, non vi è alcuna conferma ufficiale. La polizia ha detto che ora attendono il referto del medico legale  dopo l'autopsia sul corpo del bambino trovato morto giovedi mattina e che ha scatenato la mattanza.

Roberto Gianfella, 50 anni, era originario di Palermo, da dove era partito anni fa. Nel capoluogo siciliano, secondo alcuni conoscenti, non avrebbe però più alcun parente stretto. Il padre infatti è morto da tempo, mentre una sorella e un fratello vivono in Francia. Separato dalla moglie, Gianfalla aveva due figli. «A Palermo viveva come un vagabondo, era infatti disoccupato», ha ricordato il gioiellerie Tullio Marceca. L'uomo abitava in una casa diroccata in un vicolo e secondo i vicini era «un ragazzo buono ma a volte perdeva il controllo».  

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