Sochi |
Prima ancora che venga ufficializzata la decisione, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov la snobba. "Non è una tragedia", dice in una conferenza stampa, sottolineando che "il G8 è un club informale e per definizione non se ne può essere espulsi". Infatti nel comunicato finale non si parla di "espulsione", ma di qualcosa di diplomaticamente più sottile: sono gli altri sette grandi del pianeta a non voler incontrare Putin finché la Russia non cambierà atteggiamento. La decisione perché "il tentativo di annessione della Crimea è una chiara violazione del diritto internazionale, che viene condannata con forza e non viene riconosciuta".
Minaccia di sanzioni più dure e "isolamento internazionale" sono due dei pilastri fondamentali della strategia. Gli altri sono il sostegno economico, con l'appello alla Fmi a chiudere presto l'accordo con Kiev, e la rassicurazione dei Paesi dell'est europeo. Che deve arrivare dalla Nato.
Il linguaggio della nota finale tiene conto tanto dell'ira americana quanto dell'equilibrio di marca europea. Non manca infatti il riferimento alle "strade della diplomazia" che restano aperte e c'è persino il plauso per il "supporto" russo alla missione dell'Osce. Le sanzioni, come ricorda Barroso, sono per far capire alla Russia "che il suo comportamento è inaccettabile nel 21esimo secolo".
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