ROMA - Secondo i medici del Pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma il feto di quella giovane mamma era morto, e così le è stato proposto un aborto terapeutico, "tanto alla quinta settimana bisognerà procedere col raschiamento". Ma lei, la romana Maria S., non ha voluto sentire ragioni. E tre mesi e mezzo fa quel bimbo "morto" è nato in perfetta salute, riporta "Il Mattino". E la donna ha denunciato l'ospedale dell'Isola Tiberina.
"Non si può precludere la vita di un bimbo innocente per una superficialità", afferma la donna tramite il suo legale Pietro Nicotera. La donna, Maria S., abita all'Eur e ha anche un altra figlia, di due anni. "Quel giudizio al pronto soccorso di ostetricia del Fatebenefratelli, nonostante le analisi e l'ecografia, mi era sembrato troppo frettoloso", racconta. E' per questo che ha deciso di non procedere con l'aborto terapeutico.
Prima di lasciare l'ospedale alla donna viene proposto, in alternativa all'intervento, di assumere un farmaco per provocare l'espulsione del feto. Inizialmente acconsente al trattamento con Methergin, compra il medicinale ma non lo prende. Va dal suo medico di base e insieme decidono di attendere ancora una settimana prima di fare nuovi controlli. Pochi giorni dopo una nuova ecografia scioglie ogni dubbio: l'embrione è vivo. La diagnosi del pronto soccorso era errata.
Il 2 dicembre del 2013, con parto naturale, nasce un bimbo di tre chili e mezzo. Ora, tenendo stretto a sé il suo piccolo, Maria chiede giustizia: "Nei pronto soccorso il personale deve essere altamente qualificato. Non si può sbagliare con la vita. Se non avessi seguito il mio istinto sarei stata io stessa la carnefice di mio figlio".
"Non si può precludere la vita di un bimbo innocente per una superficialità", afferma la donna tramite il suo legale Pietro Nicotera. La donna, Maria S., abita all'Eur e ha anche un altra figlia, di due anni. "Quel giudizio al pronto soccorso di ostetricia del Fatebenefratelli, nonostante le analisi e l'ecografia, mi era sembrato troppo frettoloso", racconta. E' per questo che ha deciso di non procedere con l'aborto terapeutico.
Prima di lasciare l'ospedale alla donna viene proposto, in alternativa all'intervento, di assumere un farmaco per provocare l'espulsione del feto. Inizialmente acconsente al trattamento con Methergin, compra il medicinale ma non lo prende. Va dal suo medico di base e insieme decidono di attendere ancora una settimana prima di fare nuovi controlli. Pochi giorni dopo una nuova ecografia scioglie ogni dubbio: l'embrione è vivo. La diagnosi del pronto soccorso era errata.
Il 2 dicembre del 2013, con parto naturale, nasce un bimbo di tre chili e mezzo. Ora, tenendo stretto a sé il suo piccolo, Maria chiede giustizia: "Nei pronto soccorso il personale deve essere altamente qualificato. Non si può sbagliare con la vita. Se non avessi seguito il mio istinto sarei stata io stessa la carnefice di mio figlio".
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