Melissa Bassi, la ragazzina uccisa dal folle attentatore |
LECCE - Cancelli chiusi dieci minuti dopo le otto, poca voglia di parlare da parte dei ragazzi e poliziotti all’istituto professionale «Morvillo Falcone» di Brindisi questa mattina, a poche ore dal fermo del presunto responsabile dell’attentato del 19 maggio scorso in cui ha perso la vita la sedicenne Melissa Bassi e sono rimaste ferite altre cinque compagne. «Abbiamo ancora paura, ci auguriamo che sia finita ma temiamo che non sia così e che ci siano ancora indagini da fare», dicono due studentesse di quinta. Oggi le ultime classi devono sostenere gli 'esami di qualifica'. La polizia presidia gli ingressi. C'è chi, come Morena, un’altra delle alunne dell’istituto professionale, rivolge un pensiero a Melissa e sostiene, adesso, di «non avere più nulla per cui preoccuparsi». «Ora – dichiara – non ci potrà succedere più nulla».
LA CONFESSIONE - Una confessione choc, quella dell’attentatore arruvata nella notten dopo 9 ore di interrogatori, un racconto agghiacciante che ha lasciato increduli gli stessi investigatori. «Sì, ho messo io quella bomba davanti alla scuola di Brindisi. Quei giudici dovevano pagare per quello che mi hanno fatto. Pentito? Mi dispiace solo che come uno stupido mi son fatto riprendere dalle telecamere di quel chiosco». Giovanni Vantaggiato, 68 anni, imprenditore di Copertino (Lecce) proprietario di un'azienda che commercializza carburanti per uso domestico e agricolo, è in carcere da questa notte con l'accusa di aver fatto esplodere la bomba davanti alla scuola "Morvillo Falcone" di Brindisi, uccidendo la giovanissima Melissa Bassi e ferendo altre studentesse.
Il procuratore Cataldo Motta, uscendo dalla Questura di Lecce quando ormai è l'una passata e la strada antistante è un anfiteatro di gente che aspetta di vedere il «mostro», parla di aspetto fisico «compatibile» con l'uomo in pantaloni bianchi e giacca scura che preme il telecomando e fa esplodere la bomba davanti alle telecamere del chiosco dei panini.
Il procuratore Cataldo Motta, uscendo dalla Questura di Lecce quando ormai è l'una passata e la strada antistante è un anfiteatro di gente che aspetta di vedere il «mostro», parla di aspetto fisico «compatibile» con l'uomo in pantaloni bianchi e giacca scura che preme il telecomando e fa esplodere la bomba davanti alle telecamere del chiosco dei panini.
IL MOVENTE - L'uscita di Motta dalla questura é stata accolta con applausi da decine di persone assiepate in strada. L'uomo fermato "ha confessato durante l'interrogatorio - ha detto il procuratore ai giornalisti - la confessione non è soddisfacente, per cui le indagini comunque continueranno per completare il quadro investigativo".
Quanto al movente "é uno degli aspetti - ha detto Motta - che non convince, non lo sa dire. Mentalmente sta bene. Ha ammesso la propria partecipazione ma per quanto riguarda il resto non è convincente".
I COMPLICI - Vantagiato avrebbe costruito da solo l'ordigno, realizzando con due bombole di gas collegate ad un innesco a sua volta collegato ad un sensore volumetrico che ha scatenato l'esplosione al passaggio della prima studentessa scesa dal pullman proveniente da Mesagne. Resta da vedere se l'imprenditore ha fatto tutto da solo, lui con i suoi 68 anni. Sembra di capire che gli investigatori non credono in questo, ci sarebbe il sospetto che l'uomo stia nascondendo qualcuno e forse quel qualcuno ora ha le ore contate.
LA SENTENZA - Vantaggiato avrebbe progettato e portato a termine l'attentato per "punire" i giudici brindisini. Si ritiene vittima di un'ingiustizia. Anni fa l'imprenditore rimase vittima di una truffa da 300mila euro. Forniture di carburante non pagate, sembra, alle quali fece seguito una denuncia che sfociò in un processo. Solo che la sentenza non avrebbe soddisfatto l'uomo, che a Copertino avrebbe covato la vendetta. «Dovevo farlo», avrebbe ripetuto più volte agli investigatori che ascoltavano la sua confessione.
LA SENTENZA - Vantaggiato avrebbe progettato e portato a termine l'attentato per "punire" i giudici brindisini. Si ritiene vittima di un'ingiustizia. Anni fa l'imprenditore rimase vittima di una truffa da 300mila euro. Forniture di carburante non pagate, sembra, alle quali fece seguito una denuncia che sfociò in un processo. Solo che la sentenza non avrebbe soddisfatto l'uomo, che a Copertino avrebbe covato la vendetta. «Dovevo farlo», avrebbe ripetuto più volte agli investigatori che ascoltavano la sua confessione.
La sentenza è stata emessa dal tribunale di Brindisi la mattina del 19 aprile, esattamente un mese prima del folle attentato compiuto la mattina del 19 maggio. Riguarda un processo intentato dalla moglie di Giovanni Vantaggiato, ufficialmente titolare del deposito di carburante di Copertino, contro Cosimo Parato, 47 anni di Torre Santa Susanna, due suoi famigliari e un terzo presunto complice. Tutti venivano accusati a vario titolo di aver emesso assegni a vuoto per 343.000 euro con i quali tra maggio 2007 e settembre del 2009 avrebbero acquistato da Vantaggiato 700.000 litri di gasolio e 6.000 litri di benzina, tutto carburante da riscaldamento o per uso speciale quindi a tariffa agevolata. Una vera e propria truffa per la quale il benzinaio si attendeva giustizia. Ma la sentenza sarebbe stata a suo parere troppo morbida, mandando assolto tra l'altro l'uomo che avrebbe materialmente firmato gli assegni e prosciogliendo (ma in istruttoria) un pubblico ufficiale che Vantaggiato aveva invece indicato come complice dei truffatori.
Solo Cosimo Parato era stato ritenuto colpevole della truffa, condannandolo tra l'altro al pagamento di una multa da 600.000 euro a favore dello Stato. Condanne ad appena 600 euro di multa e un anno e mezzo di reclusione invece per i due famigliari di Parato e assoluzione piena per il quarto imputato. Giovanni Vantaggiato (anzi la moglie) si era visto tuttavia riconoscere dal tribunale il diritto al risarcimento dei danni da stabilirsi nel corso di un successivo processo civile. Nella loro costituzione di parte civile, avevano chiesto un risarcimento di 400.000 euro, "come danni morali, patrimoniali e psicologici".
Ma perché prendersela con la scuola, e soprattutto con quelle povere e innocenti studentesse, e non invece col Palazzo di Giustizia? La risposta c'è ed è semplice: Giovanni Vantaggiato sarebbe partito con l'idea di collocare l'ordigno davanti al tribunale, ma accortosi che il luogo era troppo sorvegliato ha optato per la vicina scuola.
Ma perché prendersela con la scuola, e soprattutto con quelle povere e innocenti studentesse, e non invece col Palazzo di Giustizia? La risposta c'è ed è semplice: Giovanni Vantaggiato sarebbe partito con l'idea di collocare l'ordigno davanti al tribunale, ma accortosi che il luogo era troppo sorvegliato ha optato per la vicina scuola.
Per questo Melissa è morta.
A Copertino sono state perquisite a lungo la casa e l'azienda di Giovanni Vantaggiato. Gli investigatori cercano tracce del materiale utilizzato per preparare la bomba.
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