martedì 2 luglio 2013

La Consulta e il legittimo impedimento di Berlusconi: non ci fu leale collaborazione

ROMA - La Corte Costituzionale ha pubblicato la motivazione della sentenza sul legittimo impedimento del 19 giugno scorso con cui aveva respinto il ricorso di Silvio Berlusconi. Tra le motivazioni la Consulta spiega che da parte dell'allora Premier non ci fu osservanza del principio di "leale collaborazione" con il tribunale di Milano.
La Consulta nello spiegare le motivazioni della sentenza rileva che "l'autorità giudiziaria "nel periodo in cui l'imputato era Presidente del Consiglio dei ministri, ha tenuto conto del suo dovere 'di assolvere le funzioni pubbliche assegnategli' riducendo al minimo possibile 'l'incidenza indirettà della funzione giurisdizionale 'sull'attività del titolare della carica governativa". Analoga osservanza, prosegue la Consulta "non è stata mostrata dal Presidente del Consiglio con riguardo all'udienza del primo marzo 2010. In questa circostanza, l'imputato, dopo aver egli stesso comunicato al Tribunale tale data, ha dedotto l'impedimento e, diversamente da quanto aveva fatto nelle precedenti occasioni, non si è attivato per la definizione di un nuovo calendario; né egli ha fornito alcuna indicazione circa la necessità di presiedere la riunione del Consiglio dei ministri senza ricorrere alla supplenza del vice presidente del Consiglio o del ministro più anziano.
L'autorità giudiziaria ha esercitato il suo potere "senza ledere prerogative costituzionali dell'organo di governo, che restano tutelate in ordine sia all'attività sia all'organizzazione". "Pur costituendo la riunione del consiglio dei ministri una delle più rilevanti modalità di esercizio delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute all'organo esecutivo, non può da ciò automaticamente desumersi - si legge nelle motivazioni - la necessaria concomitanza della riunione stessa con un giorno di udienza precedentemente concordato". A parere della Consulta "bisognava permettere all'autorità giudiziaria sia si operare un bilanciamento tra i diversi interessi costituzionalmente rilevanti (tra cui quello della sollecita celebrazione del processo), fornendo allegazioni circa la 'sovrapposizione' dei due impegni, sia di valutare il carattere assoluto dell'impedimento rappresentato dalla partecipazione dell'imputato alla riunione del Consiglio dei ministri".

Il principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato è "bidirezionale": vale cioé per il giudice, che deve tener conto degli impegni del premier, così come per quest'ultimo, che deve dare adeguato spazio nella sua agenda al processo che lo riguarda. Da un lato, osserva la Corte, il giudice "deve definire il calendario delle udienze 'tenendo conto degli impegni del Presidente del Consiglio dei ministri riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione di governo e in concreto assolutamente indifferibili'; dall'altro lato, il presidente del Consiglio dei ministri deve programmare i propri impegni 'tenendo conto, nel rispetto della funzione giurisdizionale, dell'interesse alla speditezza del processo che lo riguarda e riservando a tale scopo spazio adeguato nella propria agendà".

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