BRESCIA - Malata di atrofia muscolare dalla nascita, con un'aspettativa di vita di 18 mesi. Celeste adesso ha due anni ed è viva grazie alle cure con le cellule staminali. Una terapia capace di evitare che la paralisi progressiva dei muscoli degenerasse fino a toglierle la capacità di respirare. Iniezioni periodiche che sono riuscite addirittura a ridarle l'uso di braccia e gambe. Poi l'inchiesta sull'ospedale di Brescia, dove la piccola era in cura, blocca la terapia e la malattia torna ad avanzare. Il 21 agosto sarà il giudice del lavoro di Venezia, a cui i genitori hanno fatto ricorso, a decidere sulla sorte della bambina.
Quella a cui è stata sottoposta Celeste è una terapia sperimentale, che prevede il trapianto del midollo e iniezioni periodiche di cellule staminali da un donatore, che nel caso di della bambina era la madre. Il miglioramento delle sue condizioni di salute è stato evidente fino a quando, nel settembre del 2011, è stato certificato l'arresto della patologia. Il medico che visita periodicamente la bambina spiega che da maggio, quando le iniezioni sono state vietate, il suo stato di salute ha cominciato a peggiorare: il respiro è tornato affannoso e il pancino si muove a fatica. Per curarsi con le staminali, in base al decreto Turco del 2006, è necessaria l'autorizzazione del tribunale. La terapia è consentita solo se il paziente è in pericolo di vita o se le sue condizioni si aggravano. Nel caso di Celeste l'autorizzazione era arrivata nel gennaio del 2011.
Nel maggio di quest'anno inizia l'indagine del tribunale di Torino che coinvolge l'ospedale di Brescia e la onlus Stamina Foundation. I carabinieri del Nas hanno ispezionato i laboratori dell'ospedale e l'Agenzia del farmaco ha bloccato "con decorrenza immediata prelievi, trasporti manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso la struttura". E susseguentemente con proprio atto l’AIFA, «sentito il Ministro della salute e in via cautelare, ha vietato all’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia di effettuare prelievi, trasporti,
Quella a cui è stata sottoposta Celeste è una terapia sperimentale, che prevede il trapianto del midollo e iniezioni periodiche di cellule staminali da un donatore, che nel caso di della bambina era la madre. Il miglioramento delle sue condizioni di salute è stato evidente fino a quando, nel settembre del 2011, è stato certificato l'arresto della patologia. Il medico che visita periodicamente la bambina spiega che da maggio, quando le iniezioni sono state vietate, il suo stato di salute ha cominciato a peggiorare: il respiro è tornato affannoso e il pancino si muove a fatica. Per curarsi con le staminali, in base al decreto Turco del 2006, è necessaria l'autorizzazione del tribunale. La terapia è consentita solo se il paziente è in pericolo di vita o se le sue condizioni si aggravano. Nel caso di Celeste l'autorizzazione era arrivata nel gennaio del 2011.
Nel maggio di quest'anno inizia l'indagine del tribunale di Torino che coinvolge l'ospedale di Brescia e la onlus Stamina Foundation. I carabinieri del Nas hanno ispezionato i laboratori dell'ospedale e l'Agenzia del farmaco ha bloccato "con decorrenza immediata prelievi, trasporti manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso la struttura". E susseguentemente con proprio atto l’AIFA, «sentito il Ministro della salute e in via cautelare, ha vietato all’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia di effettuare prelievi, trasporti,
manipolazioni, coltura, stoccaggio e somministrazione a pazienti di cellule umane previsti dall’accordo di collaborazione tra l’azienda ospedaliera e la Stamina Foundation».
Insieme a Irccs Bruno Garofalo di Trieste la struttura è l'unica in Italia a fornire questo tipo di terapia. Insieme a Celeste sono altri 13 i pazienti affetti da patologie che stanNo traendo giovamento dalla terapia. Alcuni di loro, senza le iniezioni, sono destinati alla morte. I genitori di Celeste faranno ricorso anche per loro.
Martedì 21 agosto si svolgerà l'udienza davanti al giudice del lavoro di Venezia che dovrà decidere del destino della bambina e degli altri pazienti in cura. Solo lui, infatti può bloccare la decisione dell'Aifa consentendo la ripresa immediata delle cure.
Martedì 21 agosto si svolgerà l'udienza davanti al giudice del lavoro di Venezia che dovrà decidere del destino della bambina e degli altri pazienti in cura. Solo lui, infatti può bloccare la decisione dell'Aifa consentendo la ripresa immediata delle cure.
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