domenica 22 gennaio 2012

Sfila la Lega a Milano: "Monti a casa". Bossi. "Berlusconi molli Monti o cade Berlusconi. Da soli abbiamo la forza di vincere alle prossime amministrative". Non fa parlare Maroni e la piazza fischia



MILANO  - "Monti a casa". E' questo il coro più frequente, udito al corteo, organizzato della Lega Nord, a Milano, contro il governo. Diversi, tra i militanti, quelli che hanno invocato la "secessione" e l'indipendenza della Padania. Tra gli altri striscioni: "Il governo e' avvisato, il padano s'e' inc...", "Per i tecnici il Paese è carne da macello", "Padania terra di schiavitù'" e "Macelleria Monti", con il presidente del Consiglio ritratto come un macellaio che 'affetta' un pensionato. Tra le centinaia di bandiere col nome di 'Bossi' distribuite ai militanti, anche un cartello anti-cerchio magico: 'Cerchio tragico, salviamo il soldato Bossi', recita il cartello sotto una foto del senatur con Rosi Mauro, esponente di quella cerchia di dirigenti leghisti piu' vicini alla famiglia del segretario federale.
Tutti i principali dirigenti della Lega Nord insieme alla testa del corteo, contro le politiche economiche del governo. Dietro lo striscione 'un popolo, un destino, Padania libera', sfilano Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Rosi Mauro e il capogruppo uscente alla Camera, Marco Reguzzoni. Oltre alla foto di gruppo, dopo le tensioni delle settimane scorse, l'immagine di unità del partito contro il "governo ladro" è data anche da decine di cartelli, distribuiti ai militanti, con la foto di Umberto Bossi e Maroni insieme.
«La Lega non è mai stata divisa, eravate voi che lo speravate, ma sapevo che non sarebbe successo niente»: ha risposto così ai giornalisti il leader della Lega Umberto Bossi. «È stato facile riunire», ha aggiunto guardando ai tanti militanti arrivati in piazza. "Ognuno - ha sottolineato Bossi- ha fatto un passo indietro. Sia Maroni che in fondo è stato danneggiato per la scelta del Movimento - un riferimento al veto sui comizi poi rimosso, - sia Reguzzoni che pur essendo stato un buon capogruppo ha fatto a sua volta un passo indietro".
 "Da soli abbiamo la forza per vincere". Cosi' Bossi ha poi risposto ai giornalisti che gli chiedevano con chi correra' la Lega alle prossime amministrative, durante una pausa al bar, prima del comizio.
Tra gli altri dirigenti del movimento presenti al corteo, anche il vicepresidente della Regione Lombardia, Andrea Gibelli, il segretario della Lega Lombarda, Giancarlo Giorgetti, l'ex viceministro Roberto Castelli, e il nuovo capogruppo alla Camera, Giampaolo Dozzo.
Con Umberto Bossi e' "tutto a posto". Lo ha garantito Roberto Maroni, al suo arrivo alla manifestazione. "Siamo un partito vivo, vivace, non di cartapesta" ha aggiunto l'ex titolare del Viminale. "Mercoledi' si e' scatenata una grande passione ed e' quella la Lega che mi piace", ha continuato, riferendosi al comizio di Varese, insieme a Umberto Bossi.



"A Berlusconi do un suggerimento, la Lega ti chiede di far cadere questo governo infame o non riuscirà a tenere in piedi il governo della Lombardia, dove ne stanno arrestando uno al giorno". Lo ha poi detto Umberto Bossi dal palco. Il leader della Lega ha aggiunto: "Monti fuori dai coglioni. Ci vuole una tobin tax per mettere sulla retta via le banche ma uno che viene da una grande banca che ha fatto fallire il mondo le banche non le tocca, tocca la povera gente". Poi, dicendo "Padania libera. E Roma? Fanculo...", il Senatur ha chiuso il suo intervento.
Ma la folla in Piazza Duomo ha urlato "Maroni, Maroni", chiedendo che l'ex ministro prendesse la parola. Bossi prendendo tempo non gli ha consentito di parlare. A quel punto dalla folla si e' alzata una selva di fischi all'indirizzo del senatur.
Un abbraccio tra il capogruppo uscente alla Camera, Marco Reguzzoni, e Gianpaolo Dozzo, che lo sostituirà a breve, è stata una delle ultime immagini offerte ai militanti. Quasi contemporaneamente dal palco l'europarlamentare Matteo Salvini ha mostrato verso Piazza Duomo una sciarpa con la scritta 'Barbari sognanti', che è diventato ormai il motto dei maroniani. 

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